Io odio ripetermi.
Io odio ripetermi.
Provo un’istintiva simpatia umana
per chi investe energia, passione e intelletto al servizio di una battaglia di
cui si è politicamente innamorato; a me
capita sempre più di rado, proprio quando dovrei essere all’apice del mio
istinto di militanza da ventitrenne italiano.
No, sul serio. I militanti e gli
appassionati sono il mio genere preferito di essere umano; sto e starò sempre
qualche passo più indietro di chi passa il suo tempo a combattere in nome di
una causa.
Io non lo faccio abbastanza e
sono in torto a priori. La mia vita
pubblica, in quanto “animale politico”, è compromessa dall’imbarazzo più
estremo nei confronti di ogni singola istituzione esistente. Vorrei fare il vero
cittadino e andare a votare coscienziosamente, ma poi faccio cazzate. Lo ammetto,
faccio un sacco di cazzate.
Ho votato Di Pietro, per dirne
una.
Esco di casa convinto di star
facendo del bene e finisco con il contribuire ad eleggere Scilipoti in
parlamento: mi tappo il naso in cabina elettorale accendendo un cero al dio del
“meno-peggio”, e poi dal partito di cui ho ingrossato le fila si fanno
arrestare perchè spendono soldi pubblici nel videopoker.
I leader di sinistra raccontano
in tv che i loro modelli sono De Gasperi, Papa Giovanni e il Cardinal Martini.
Io ti capisco, Sinistra italiana.
Se avessi continuato a seguire un’onda solo per il senso interiore che la mia
vita trae nel farlo, a quest’ora starei pontificando anche io contro la Tav e
contro gli ebrei. Sarei diventato un piccolo-borghese che va a cucinare alla
cena pro-Hamas del centro sociale dietro l’angolo, e sarei tornato a casa tutto
contento dopo aver sputato sulla parete di una sinagoga.
Magari prima o poi avrei
elaborato il coraggio per votare Grillo, e il cerchio si sarebbe chiuso.
Però adesso basta. La comprensione
umana nei confronti di chi mette da parte la lucidità e la moderazione in nome
di una causa di cui è profondamente innamorato finisce nel preciso istante in
cui comincia il razzismo. Lo stesso terreno culturale che una volta produceva
partigiani, liberatori, padri fondatori della Costituzione, intellettuali
straordinari e grandi letterati, premi nobel, scienziati... adesso partorisce
terrificanti sentimenti di violenza e odio che sfocia nel razziale,
manifestazioni di solidarietà a entità e istituzioni di cui non si conosce una
virgola.
Nessuno dovrebbe leggere in
maniera univoca la questione palestinese, nemmeno i più grandi politologi sulla
faccia della terra. In particolare, nessuno che non sia certo di avere
inequivocabili e indiscutibili strumenti per farlo, può permettersi di parlare
in nome di Gaza.
Voi non siete Gaza.
Siete il prodotto di vent’anni di
vuoto politico, che vi ha ridotti ad estremi di cui non concepite neanche la
gravità. Nessuno rifiuta un assist per gonfiare l’opinione pubblica della più
banale e retorica isteria sociale, quella degli studenti che fanno a botte con
i poliziotti, e voi lo impacchettate al servizio di chi pensate di stare
combattendo.
Una delle peggiori colpe del
berlusconismo è l’aver trasformato la politica in tifo da stadio, ma in questo
la politica italiana è straordinariamente bipartisan: non solo per quanto
riguarda il “forza Silvio!” o “Berlusconi merda!”, ma anche per cori più
psicologicamente devastanti e imperdonabili.
I discorsi su Israele, ad
esempio, sono la più grave espressione di questa tendenza. Una visione
manichea, che si limita a odiare gli arabi o gli ebrei a seconda delle
preferenze, distrugge ogni ideale per il quale i veri “eroi” della sinistra
italiana si sono battuti.
Israele va criticato; le colpe
dei bombardamenti e dei morti di Gaza vanno imputate prima di tutto a chi
innesca il detonatore. I governi e i suoi elettori sono i principali
responsabili delle stragi dei palestinesi.
Per di più, il rapporto di morti, di
sangue versato e di condizioni disumane di vita è sbilanciato dalla parte dei
più poveri e di chi ha meno risorse per fuggire dalla propria realtà. Ma se
anche il rapporto fosse di mille morti a dieci (e non credo che lo sia), questo
renderebbe le dieci morti vittime di serie B?
Il problema non è l’astenersi dal
criticare Israele, che è sacrosanto e doveroso: il problema è la completa
delegittimazione del diritto all’esistenza di Israele. Se si sbandiera la
propria convinzione che “Israele non deve esistere”, si passa ad un tale livello
di estremismo violento che non si è nemmeno più dalla parte delle vittime
palestinesi: si è semplicemente manipolati dal desiderio di avere un nemico chiaro
e distinto da combattere, e si fa il male di ogni singola parte in causa.
Puoi criticare un governo, ma non
puoi mai predicare odio verso un popolo o una nazione. Israele non è uno Stato-canaglia
più di quanto lo siano l’Italia, gli Stati Uniti o la Francia e noi italiani “di
sinistra” dovremmo saperlo più di tutti. Dovremmo comprendere fino in fondo la
contraddizione esistenziale che nasce dall’amare un luogo, una storia e un
popolo e nell’essere devastati dalla vergogna pensando al suo governo e allo
stato delle sue istituzioni.
Odio ripetermi, ma ancora oggi,
dopo tutti i “a morte Israele” letti e uditi, mantengo intatta la mia più
grande stima verso chi si batte per qualcosa. A prescindere dall’esercito in cui
ci si è arruolati, si è già fatto più di quanto potrei fare io, che ho sempre
paura di diventare una voce in un coro. Scegliere di non essere dichiaratamente
filo-palestinesi, scegliere di non parlare in nome di Gaza o di fare propaganda
per Hamas, significa fare parte di una minoranza all’interno di un’altra minoranza;
dal mio punto di vista, un posto in cui vale sempre la pena di sedersi.
Non smetterò mai di apprezzare
chi passa la propria vita a crederci
veramente. Anche io vorrei crederci
veramente, ma non sarò mai disposto a spegnere le spie del rispetto verso un
popolo e verso uno Stato con istituzioni democratiche.
Persino l’Italia è uno Stato con
istituzioni democratiche. Abbiamo Di Pietro, Bersani, Grillo e Vendola e
qualcun altro ha Nethanyau che tenta di
farsi rieleggere a forza di morti. Ognuno ha le sue disgrazie e noi italiani di
sinistra godiamo di una certa reputazione in proposito. Abbiamo la tendenza a
diventare noi stessi la nostra più grande disgrazia, ed è una tendenza alimentata
tanto dallo sciagurato asservimento e corruzione dei nostri rappresentanti quanto
dall’odio anti-israeliano che molti di noi amano ostentare.