domenica 27 febbraio 2011

A ruota libera

Davide?
Dimmi Frank, coniglio invisibile a cui ho affidato l'amministrazione dei contenuti di questo blog.
Lo sai che parli sempre troppo di politica? In fondo scrivi bene, se magari la smettessi di sparare cazzate...
Hai ragione, ma di che altro dovrei parlare? In questo periodo della mia vita sono sensibile a ciò che mi circonda nel mondo.
È proprio questo il problema: io alla tua età non pensavo così tanto alla politica; principalmente correvo dietro alle belle ragazze.
Frank, dì la verità: hai votato Berlusconi, vero?
Ecco, vedi che stai di nuovo parlando di politica? Non puoi scrivere un post sentimentale una volta ogni tanto?
No, ti prego! I post sentimentali no! Io odio i blog che parlano di mattine uggiose e amori adolescienziali. Tutto quello che vuoi, ma non un post sentimentale! Ti... ti scrivo una recensione di “Labirinto Femminile”!
Basta! Tanto il capo qui dentro sono io, decido io. Si fa il post sentimentale.
Maledetti conigli invisibili.

C'è un'espressione, nella lingua italiana, che ha sempre avuto un certo ascendente su di me: “a ruota libera”.
Letteralmente, evoca immagini di biciclette sfreccianti ed animali galoppanti, automobili dall'acceleratore mai lasciato, strumenti musicali torturati da mani inesperte piuttosto che tentativi di produzioni letterarie di dubbio gusto e valore, concepite per noia o con la pretesa di saper scrivere bene.
Ciò che procede a ruota libera, da un punto di vista artistico, ha ben poco valore. L'arte, come quasi tutte le cose belle ed importanti, richiede razionalità, studio ed esercizio; la storia dell'ispirazione fulminante che si impadronisce di te e ti insegna tutto ciò che ti serve è solo una bella favoletta per i pigri autoproclamatosi artisti.
E allora perchè l'espressione “a ruota libera” mi sta così simpatica?
Forse perchè vi sono ambiti, nella mia quotidianità, che mi piacerebbe vivere più a ruota libera di quanto sia attualmente capace di fare; due in particolare, tra i più importanti elementi dell'esistere umano: i valori morali e le relazioni.

Generalmente, consideriamo “bene” ciò che deriva da una precisa negazione, dal segnalare un limite tra ciò che puoi e non puoi fare. In un certo senso, “bene” significa moderarsi e dire di no, denota esattamente il contrario di ciò che “a ruota libera” rappresenta.
L'orizzonte morale del bene è tremendamente più limitato di quello del male, in quanto si fonda sull'idea stessa del limitarsi: mangiare o bere troppo è male, mentre non mangiare o bere troppo è senz'altro un bene. Andare a ruota libera quando se ne sente la necessità, dunque eccedere in qualcosa, è associato quasi sempre a conseguenze negative; d'altra parte, frenarsi è indice primario di saggezza ed uso della ragione, indiscutibilmente una virtù alla quale ognuno di noi deve fare riferimento, nell'emettere un giudizio morale e nel decidere come comportarsi.

Questa visione della morale comune suona come una condanna evidente alla mia adorata “a ruota libera”. In fondo è giusto che lo sia, perché il valore del moderarsi è un pregio mai abbastanza considerato. Eppure ho in mente troppe situazioni dove il modello “a ruota libera” risulterebbe molto più giusto ed autenticamente etico, se venisse compreso. Comportarsi a ruota libera acquisterebbe un significato rinnovato: non l'agire in un certo modo pensando al momento in cui l'azione uscirà dal confine comune del “bene”, ma farlo perchè quella è l'esatta velocità delle proprie “ruote morali”.

Il mondo è popolato da miliardi di uomini; il pianeta Terra si può dividere in continenti, nazioni, società, ma l’elemento che più dovrebbe essere preso in considerazione è l’inconfutabile dato che tutti gli uomini sono uguali. O meglio: si distinguono tra di loro, ma ognuno ha pari dignità, esigenze e diritti.
L’essere umano, oppure l’animale in generale, è il centro di un universo.
Dentro questo universo, risiedono i suoi parametri decisionali e di libero arbitrio. Il loro numero è limitato a ciò che un individuo vive, a quello che osserva e a ciò su cui la sua sensibilità si posa maggiormente.
Forse, negli universi di tutti gli uomini, possono stare solo le cose che sinceramente si sentono proprie, di valore, o forse ogni singolo avvenimento è racchiuso nel proprio cosmo personale e ci rimane come stimolo del pensiero. Essere dominati esclusivamente dai principi del proprio universo... beh, credo sia uno dei diritti più grandi. Si può sintetizzare questo pensiero, per entrare in un ambito che inevitabilmente è politico e non solo astratto, con una frase: l’uomo, in quanto universo singolo, non è tenuto ad obbedire a leggi esterne. L’unica sua legge sarà il suo arbitrio e interesse.

Posso interromperti?
Chi è? Berlusconi?
Ma sei ossessionato! Sono di nuovo io, Frank il coniglio invisibile.
Ah, Frank! Mi hai fatto prendere uno spavento! Cosa vuoi?
Solo farti notare che il tuo post sentimentale si è rapidamente trasformato in un delirio anarcoide. Forse dovresti concludere con un pensiero sensato, giusto per fare qualcosa di nuovo.
Il capo sei tu, Frank.

Parlavo dei valori morali, che sono sempre meno a ruota libera. Ma che potrebbero, in un mondo più vicino a quello che considero ideale, esserlo di più. Ma in realtà non intendevo parlare di questo: pensavo ad un altro elemento quotidiano di cui mi sfugge l'aspetto “a ruota libera”.
I rapporti tra persone oggi sono sempre meno a ruota libera; siamo legati a necessità di essere ipocriti, anche se non ce lo vogliamo sentire dire. Agiamo in buona fede, ma siamo dominati da dinamiche di convenienza e paura. Mentiamo o diciamo la verità, senza pensare all'effetto che produciamo sul prossimo ma a quello che ci piacerebbe succedesse. E, soprattutto, non siamo mai grati per ciò che abbiamo intorno. Abbiamo talmente tante domande di consumo impresse nella testa che le applichiamo anche alle relazioni sentimentali: vogliamo di più, perchè il fatto che non abbiamo abbastanza è un dato incontrovertibile, e soprattutto perchè la domanda deve aumentare. Sempre. Che sia domanda di merendine o di una compagnia di cui vorremmo godere, non fa alcuna differenza.
La solitudine non è più un disturbo intimo e personale, ma uno status che non vorremmo mai far scoprire agli altri, così come l'affetto, l'amicizia e l'amore. Sono nomi e marchi di fabbrica, senza un contenuto più rilevante di uno slogan o di 30 secondi di illuminazione telematica. Ci nutriamo a tal punto di materialità che siamo diventati emozioni confezionate.
Ma forse il punto è proprio questo; forse è in questo che risiede la nostra repressione del “a ruota libera”: ignorare le nostre basilari possibilità di umani, nei più svariati ambiti del reale. Sapere che ci costerà delle evitabili privazioni, ma non sentirci mai di procedere senza sapere esattamente dove si potrebbe finire.

Frank? Io avrei finito. Frank? Che fai? Che stai facendo con quei fili? No, ti prego, il cavo del wi-fi no! Giuro che non lo faccio più!

martedì 22 febbraio 2011

Come salvare il mondo in dieci semplici passi - parte 2

Puntuale come un orologio svizzero guasto, ecco la seconda parte della fantastica rubrica « Come salvare il mondo in dieci semplici passi ».
Riassumendo: i primi due passi consistevano in un argomento calcistico-spirituale ed in uno economico-spirituale: si partiva dal sacro per giungere al profano, dando ovviamente per scontato che con “sacro” intendiamo il Toro e con “profano” ci riferiamo alla Chiesa cattolica. Ecco i prossimi, attesissimi passi:

3) passo numero tre: la legge sul limite dei consumi
Noi, intesi come società di massa occidentale, abbiamo una colpa fondamentale che ci perseguita per tutta la vita; da quando veniamo al mondo, fino al momento della nostra morte.
Possediamo mezzi, risorse e beni di ogni genere in misura infinitamente, e colpevolmente, superiore al resto del pianeta, che per giunta ci supera per numero. Una piccola percentuale di genere umano condanna a morte, involontariamente e meccanicamente, la fetta più consistente di umanità presente sul pianeta Terra. Come può un piano per la salvezza del mondo non tenere conto di questa situazione, e cercare di porvi rimedio? E, soprattutto, esiste un modo per rendere le nostre vite privilegiate un pò meno immorali, senza parlare di rivoluzione armata o di rovesciamento violento di un sistema economico?
Vorrei auto-rispondermi di no; però non posso, perchè il piano poi perderebbe tutta la sua pretesa di genialità e io farei la figura di quello che non onora le promesse, mentre sono uno che le mantiene sempre. Come quando avevo promesso di scrivere un nuovo post ogni giorno.
Quindi? La soluzione (parziale) al problema della disparità di benessere e dell'iniquità della distribuzione delle risorse è una legge che ponga limiti precisi alla possibilità di consumo di ciascun individuo.
Io, cittadino medio, posso comprare un certo numero di cose alla settimana, e devo farmele bastare. Ogni eccedenza viene multata o tassata pesantemente, in modo che il consumo eccessivo diventi insostenibile economicamente, oltre che moralmente. Non posso comprare troppi prodotti alimentari e non preoccuparmi di buttare via una parte che avanzo, perchè farlo significa non rispettare alla legge, e di fatto essere sanzionati per un reato. Non posso eccedere nell'acqua, nel gas o nell'elettricità, dal momento che alla bolletta si aggiunge una multa per ogni spreco da me compiuto.
In questo orizzonte, il risparmio nei consumi diventa la svolta fondamentale per la nascita di un nuovo equilibrio sostenibile, senza che i sacrifici da parte nostra siano eccessivi o radicali.
Ma quale potere, quale Stato potrebbe mai avere la capacità, intellettiva e morale, di promuovere una legge del genere? Di certo non le nostre attuali democrazie. Ed ecco che entra in gioco il prossimo passo.

4) passo numero quattro: il governo (transitorio) dei filosofi
Che bello un uomo quando è un uomo”

Mi chiedevo quanto sarei andato avanti a scrivere qui sopra senza copiare qualche idea a Platone; non perchè sia un esperto di Platone, ma perchè da alcuni punti di vista è un po' il mio eroe.
Molti pensatori hanno parlato del fine ultimo della vita umana: spesso la cosa si trasla nel fine ultimo della filosofia, perchè per parecchi greci il filosofo era il vero uomo. Non nel senso di quello che non deve chiedere mai, bensì nell'accezione nobile del termine: l'uomo al suo apice, al culmine delle sue potenzialità.
Ebbene, per Platone il vero uomo (il filosofo) non deve limitarsi allo studio e alla contemplazione: non è, come spesso viene dipinto uno che si proclama filosofo, un pazzoide che guarda il cielo stellato mentre consuma stupefacenti. Lo scopo della vita di un uomo vero è il mettersi al servizio della società: porre ciò che sa, le sue idee e le sue opinioni, ad uso e beneficio della comunità di cui fa parte, e dunque governarla. Non perchè apprezzi o ambisca ad una posizione di potere, ma perchè sa che è la cosa giusta da fare, ed il modo più indicato per essere d'aiuto al prossimo.
Ma come si traduce questa splendida intuizione nella realtà di tutti i giorni? Senza grossi problemi: si prendono i laureati in filosofia, in senso stretto coloro che si avvicinano di più alla definizione di “filosofo”, si valutano i più meritevoli e si consegna loro tutto il potere legislativo ed esecutivo di una nazione. Il primo provvedimento, imposto dalla logica e dalle esigenze morali più opprimenti, sarà proprio l'attuazione del passo numero tre del mio piano.

Ed ecco i nuovi due passi del mio impeccabile, brillante piano per salvare il mondo. Come dite? Notate un certo conflitto di interessi tra il contenuto dei passi finora esposti, la mia fede calcistica ed il fatto che studio filosofia?
Forse avete ragione, ma con ciò? Il conflitto di interessi, in questo Paese, ha mai fermato qualcuno?

domenica 6 febbraio 2011

Come salvare il mondo in dieci semplici passi - prima parte

Scusate il ritardo; sono certo che foste tutti in fremente attesa, non vedevate l'ora comparisse il nuovo articolo pubblicato all'interno di questo squallido postribolo telematico, ed eccolo qui. Il problema degli scritti che lo precedono è evidente: in quanto brutte notizie, si fondano sul principio del “distruggere”: sono ipercritici e rancorosi, si scagliano contro un problema come una toga rossa si scaglia contro un primo ministro.
Perciò ho deciso di cambiare tono ed inaugurare una nuova rubrica: questo è il primo di una serie di articoli dal titolo “Come risolvere i problemi del mondo in dieci semplici passi”. Le visioni apocalittiche, i sogni di Cassandra sono inutili senza un anelito di speranza, un lumicino di attitudine costruttiva che controbilanci l'equazione. Per ogni lamento, per ogni scritto di indignazione che produrrò, mi impegno da ora in avanti ad essere anche propositivo: non solo parlare di ciò che mi terrorizza, ma anche spiegare come vorrei che le cose cambiassero. E' davvero possibile escogitare un piano per salvare il mondo senza dover ricorrere alla violenza, e cambiare l'ordine delle cose per sempre senza troppe rinunce, sacrifici o fatica? É con questo auspicio che mi accingo a presentare i primi passi del mio geniale disegno.

1) passo numero uno: il Toro deve vincere uno scudetto.
Prima ed essenziale tappa per la salvezza dell'umanità. Mi rendo conto sia difficile capirne la motivazione, ma i tifosi del Torino, squadretta di calcio dal presente insignificante e dal passato glorioso, forse avranno un sospetto del perchè una vittoria calcistica dei colori granata potrebbe innescare un meccanismo perfetto. Per chi non si intende di calcio, o non ha mai sentito parlare del Toro e della pulsione ispiratrice che è in grado di infondere alla storia, il discorso è un po' più complicato. Difficile dunque spiegare razionalmente perchè ritengo questo passo fondamentale nell'equilibrio del mio piano: è ineffabile, qualcosa in cui si deve credere più che pretendere di capirne il senso. Quando il Torino vince il campionato, da un punto di vista puramente spirituale, è come se il mondo si rovesciasse ed i consueti rapporti di potere non valessero più niente: come se le minoranze, i perseguitati dalla storia, gli emarginati prendessero improvvisamente coscienza dei loro mezzi. Il Toro che vince è da sempre uno schiaffo al potere, un sublime gesto di anarchia e la dimostrazione che, per quanto si cada in basso, ci si può sempre rialzare.

2) passo numero due: il Vaticano deve vendere la sua roba.
Inevitabilmente, uno dei primissimi punti del mio piano verte sulla fame nel mondo, forse la più dolorosa piaga che affligge l'umanità. Più di un miliardo di persone soffre la fame ed è senz'altro vero, come ci hanno abituato a pensare, che ogni piccolo gesto individuale possa fare la differenza; ma è altrettanto vero che esiste un'istituzione potentissima, con risorse ampiamente sufficienti a sfamare il mondo. Se volesse farlo, potrebbe; e, sulla carta, essa si fonda su principi come carità, umiltà, solidarietà e predica da sempre il valore della beneficenza.
Allora perchè non cominciare dando il buon esempio? Quanto possono valere, complessivamente, le proprietà della Chiesa cattolica? 500 miliardi di euro? Di più? Non sarebbe profondamente cristiano vendere tutto, e usare quella gigantesca, inumana ricchezza per sfamare l'intero cazzo di pianeta?
Sarebbe una duplice vittoria: un gesto del genere passerebbe alla storia come più grande atto di eroismo della storia dell'umanità! Non è forse un pensiero allettante, per chi si professa paladino della moralità e guida spirituale? Inoltre, tanta generosità rappresenterebbe la suprema forma di redenzione, la possibilità di fare ammenda per ogni confilitto, massacro, guerra, persecuzione e quant'altro di brutto sia mai stato fatto dalla Chiesa nei secoli.

Ecco allora i primi due passi del mio piano in dieci semplici punti per risolvere i problemi del mondo; alla prossima per i successivi.