venerdì 8 aprile 2011

Il signore del male

Esistono due categorie di persone quando si parla di John Carpenter. Ci sono i fan, che sono completamente incapaci di qualsiasi giudizio anche solo vagamente equilibrato e oggettivo.
Per loro qualsiasi film di John Carpenter è bello, anche quelli che deve ancora girare.
E poi ci sono le persone normali, che invece mantengono un certo distacco per giudicare con equilibrio un film a prescindere da chi l'ha girato.
Per loro, qualsiasi film di John Carpenter è bello, anche quelli che deve ancora girare.
In realtà, ci sarebbe anche una terza categoria, ma non è bello stare a dileggiare delle persone che hanno dei problemi.
dal blog di Roberto Recchioni

Sarebbe imperdonabile, da parte di questo umile blogg... bleurgh! (ogni tanto la tastiera del mio computer si ricorda di vomitare alla vista della parola in questione) non occuparsi di attualità, stare sul pezzo e cogliere al volo il clima dei tempi che corrono, commentando e discutendo le notizie della settimana. Dietro casa nostra piovono bombe, nubi radioattive avanzano ad est e primi ministri incompresi abbreviano processi, mentre il generale sentore di scatafascio collettivo diventa quasi irrespirabile. Ecco perchè mi pare importante parlare dell'evento più significativo di quest'anno solare.
Esatto, è uscito al cinema un nuovo film di John Carpenter.

Si chiama The Ward, è fichissimo ma sicuramente un'opera minore nella filmografia del mio regista horror preferito. Però è un'ottima scusa per scrivere due righe celebrative a proposito di un anti-eroe del mondo del cinema i cui lavori mi hanno sempre toccato nel profondo e lasciato una traccia pesante nella mia sensibilità.
Non si può parlare in questi termini di molti artisti, in particolare se si pensa al cinema: i film sono un po' le noccioline dell'arte, entrano nel tuo sistema ed escono senza troppo significato, ingeriti meccanicamente, quasi senza masticare e senza che le papille gustative indulgano nel produrre una sensazione.
I film di Carpenter, invece, sono quanto di più cinematograficamente saporito potrai mai assaggiare: opere di genere fiere di esserlo (soprattutto horror, ma anche film d'azione, fantascienza e commedia surreale), che si preoccupano di intrattenere ed offrire spettacolo, spaventare, divertire o disgustare; la riflessione di fondo ed il messaggio, sempre presenti ma mai evidenti, entrano nello spettatore subdolamente, sotto la pelle. Il discorso dell'autore è implicito e celato, nascosto dietro maschere metaforiche in cui cinismo estremo e professione di anarchia, elementi ricorrenti della “poetica carpenteriana”, si avvertono sottilmente ma con straordinaria efficacia.
Indicativi, a questo proposito, sono gli atti finali dei film, le ultime scene; non servono a Carpenter per dirci “Questa è la morale della favola”, sono una risata beffarda diretta a noi che tentiamo di capire, di razionalizzare ciò che abbiamo appena visto. I finali dei film di John Carpenter si studiano a scuola, sono anti-colpi di scena che aggiungono una postilla di malvagità alla storia conclusa, a suggerire che le cose non stanno come pensavamo di aver capito, ma peggio, molto peggio.

Sarebbe riduttivo voler comporre una biografia di John Carpenter in queste poche righe di blo... blaaah! (a forza di scrivere qui sopra ho lo stomaco a pezzi). Mi limito a dire che il signore in questione è un arzillo 63enne che ama l'horror, la musica, H.P. Lovecraft e i Los Angeles Lakers. Odia Hollywood e forse l'umanità in generale, è talmente anarchico che definirlo un anarchico sarebbe riduttivo. L'unica cosa più fica dei suoi film sono le sue colonne sonore, che si scrive e suona da solo e che spesso reggono l'intero film solo per come sono capaci di produrre atmosfere. L'indelebilità di suoni e immagini, nei film di Carpenter, è quasi sempre un tutt'uno: impossibile non associare i titoli di coda de Il seme della follia alla schittarrata heavy metal che li accompagna, assurdo non pensare al tema ipnotico di Essi vivono! mentre si ripensa a quel finale folle, cattivissimo e spassoso.

La carriera del maestro è tanto costellata di perle che sarebbe impossibile menzionarle tutte: nell'eccellenza di base, spiccano secondo me tre veri capolavori.
La Cosa, del 1982: mentre al cinema usciva un film su un alieno buono che vuole telefonare a casa, Carpenter produce un film tanto pessimista da sfociare nel totale nichilismo: la minaccia extra-terrestre che costituisce il “mostro” del film è in realtà indistinguibile da noi, rappresenta nient'altro che la piccola spinta di caos sufficiente a far crollare i presupposti di civiltà ed umanità in cui confidiamo ciecamente. A conti fatti, l'uomo è un animale selvaggio che teme e diffida di tutti, la società è poco più di un'illusione.
Il Signore del Male, uscito nell'87: horror che parla di Chiesa, fede e scienza, di ragione portata agli estremi che non è in grado di trovare risposte rassicuranti. Dal mio punto di vista, il film più spaventoso di Carpenter nonché uno dei primi atti più belli che io abbia mai visto.
Infine, il già citato Il Seme della Follia, del '95: sorta di omaggio non dichiarato alla poetica di H.P. Lovecraft e al discorso meta-artistico che lo scrittore imbastisce in molti suoi scritti, è forse l'ultimo film davvero imperdibile che Carpenter abbia girato, e costituisce una sintesi completa dei suoi temi ricorrenti: fragilità della civiltà umana, mostri psicologici più che materiali ed apocalisse imminente; praticamente tutto ciò che si sogna di avere da un film horror.

Me ne rendo conto: i toni della mia disamina sono più vicini alla venerazione incondizionata che allo sguardo oggettivo. Se Carpenter fosse Berlusconi, io mi ergerei fieramente allo status di Emilio Fede. Se Carpenter ne fosse segretario, potrei persino arrivare al punto di votare PD. Ecco, mi sembra una conclusione adeguata: votare PD, lo scenario horror più convincente che abbia immaginato da un sacco di tempo a questa parte.
E purtroppo, come Carpenter insegna, le immagini agghiaccianti hanno una proterva tendenza a realizzarsi davvero: tra un po' ci sono le elezioni comunali.

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