domenica 3 aprile 2011

Una mosca bianca

Ho sempre pensato che per noi mosche bianche il ronzare senza meta rappresenti l'estasi assoluta: una sorte di pace dei sensi, un nirvana entomologico che una creatura dal cervello più complesso non potrebbe sognare di concepire. In momenti come questi, mi sento onnipotente, capace perfino di evadere con la mente dalla mia corazza di insetto.
Un sorriso si insinua tra le pieghe del mio corpo mentre comincio la meditazione, sognando ad occhi aperti. La mia fantasia prende forma dal nulla, inizio a capire di che si tratta; come sarei, se fossi uomo?

Eccomi: sono sotto la doccia. Da venti minuti. Mentre mi lavo con acqua potabile che scorre abbondante sopra di me, dall'altra parte del mondo, qualcuno muore di sete.
Aspetta, sta cambiando... ora sono in palestra; ho pagato la quota di iscrizione per alcuni mesi, sto bruciando calorie, nella speranza di eliminare il grasso in eccesso. Contemporaneamente alla mia scarsa forma fisica, dall'altra parte del mondo, qualcuno digiuna da giorni. Più tardi, mentre qualcuno muore di fame, io spendo 4 euro per cibo che in gran parte butterò.
Vedo qualcos'altro... vedo che spendo altri soldi, forse per ragioni più costruttive: ad esempio, cifre considerevoli per pagarmi l'università. Un giorno, la mia istruzione mi aiuterà a prendere consapevolezza della realtà del mondo; forse mi insegnerà a distinguere il giusto dallo sbagliato, il pensiero autonomo ed indipendente dal condizionamento esterno.
Contemporaneamente all'emissione della fattura della mia tassa universitaria, qualcuno guarda la tv, ascoltando partecipe consigli per gli acquisti che poi adotterà come modello da imitare.
L'immagine cambia... in meglio, si direbbe. Sono insieme ad una ragazza carina; avvolto dalla sua piacevole compagnia, per un istante penso che la vita non sia affatto male: il sole sopra la nostra testa, gli abiti confortevoli e puliti che indossiamo, l'integrità dei nostri pensieri e il rispetto verso noi stessi ci appaiono reali, alla portata di mano. Contemporaneamente, da un'altra parte, due ragazzi vengono massacrati di botte perchè si tenevano per mano: sono dello stesso sesso e si vogliono bene, ma la vita ed il rispetto verso loro stessi sembrano lontanissimi.
Adesso mi trovo a tavola con la mia famiglia: mentre pranziamo, parliamo del più e del meno e gioiamo interiormente della reciproca compagnia. Contemporaneamente, il cuore del marito di qualcuno smette di battere all'improvviso, mentre i presenti pietrificati non possono nulla, di fronte all'estrema solitudine dello spirare.
Volgo lo sguardo altrove, nella speranza di vedere altro. Sono sempre io, lo stesso di prima: la maglietta che sto per buttare via non mi calza più. Credo di averla pagata poco e che non abbia più senso conservarla, ma mi sbaglio. Ciò che credo sia poco, in realtà è sensibilmente più di quanto la maggior parte delle persone nel mondo possa permettersi di pagare una maglietta.

Ma io non sono davvero umano; sono solo una mosca che vola intorno ad uno stronzo fresco.
Drastico crollo della concentrazione, la meditazione finisce e la fantasia evapora. Cos'è stato a distrarm...
Improvvisamente l'aria si sposta. L'istante dopo, un fendente mi schiaccia contro una sconfinata parete bianca. Un foglio di carta, per dirla con parole umane. Il dolore dura una frazione di secondo, poi è la fine.
Ed eccomi qui morente, sparso un po' ovunque su questo foglio bianco e stropicciato, con il quale sono stato appena assassinato. Negli ultimi istanti di agonia, mentre le mie interiora scricchiolano e macchiano il foglio come una traccia di inchiostro, piccoli frammenti schizzano via dal corpo e si spargono nella superficie: pezzettini di me impercettibili ad occhio umano.
Sto morendo, ma la mia mente è ancora lucida quanto basta per elaborare un pensiero. Mentre esalo l'ultimo respiro, immagino che il mio cadavere spappolato si sia distribuito ordinatamente sul foglio che mi ha ucciso; invece di produrre un unico punto circoscritto, la poltiglia delle mie membra ha formato alcune scritte, impresse sulla carta come fossero stampate. Potranno buttare la pagina sporca, potranno strapparla, ma quella traccia di me resterà intatta.
Avete appena finito di leggermi.

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