Pre-scriptum: questo post non
avrebbe il minimo senso se non fosse accompagnato dalla lettura - precedente o
successiva, fate un pò voi, ma forse è meglio precedente – di quest’altra cosa.
Si tratta di una lettera di ringraziamento scritta da Joss Whedon ai fan, ed è
la mia ispirazione per la roba che ho scritto oggi. Per chi non c’ha testa di
leggerla in inglese, qui è tradotta in italiano.
Ciao a tutti.
Cioè, per tutti intendo “voi, che state leggendo”, non proprio tutti. Solo voi che siete qui.
Non dovrei scriverlo affatto, “tutti”.
È un errore. Perchè la maggior parte
della gente, in questo momento, non sta leggendo. Ad essere onesti, la maggior
parte della gente, in questo momento, si trova in Cina. Ve lo giuro, in Cina.
Anzi, mi sto sbagliando di nuovo.
La maggior parte della gente non si trova in Cina. La maggior parte della gente
è morta. Nel complesso di tutti gli individui di tutto il mondo, la grande
maggioranza è già morta.
C’è un sacco di gente in più che
è già morta rispetto a quella che ora è viva. Di fatto, una persona resta morta
per un tempo decisamente superiore al tempo in cui è viva. Stiamo tutti per
morire, siamo tutti in attesa di morire e resteremo morti per molto più di
quanto siamo stati vivi. Essere morti è il grosso di quello che facciamo, e di
fatto viviamo solo per un pochino. Quindi quando dico tutti, in teoria mi
riferisco a tutti i morti e a tutti quelli che non lo sono ancora; ma l’insieme
dei morti è più grosso, quindi perlopiù sto parlando con loro.
Davvero, un sacco di gente è morta:
Socrate è morto, Adam Yauch ultimamente è morto, Hitler è morto, quel tipo che l’altro
giorno ci ha provato con la mia ragazza... potrei andare avanti anni a farvi l’elenco.
Aspettate, forse quel tipo è ancora vivo.
No, non Hitler, quello che ci ha provato con la mia ragazza.
Beh peccato, è proprio vero che nella
vita non si vede mai un lieto fine.
Esistono pochi lieti fine. Sono un
evento raro, e quando se ne manifesta uno di fronte a me mi viene voglia di
registrarlo mentalmente e provare a celebrarlo nell’unico modo in cui sono
capace: su un blog.
Che celebrazione del cazzo. Sono proprio una vittima di
questo sistema che mercifica la letteratura e...
ma sto divagando. Dove ero
rimasto?
Lieti fine. Il prossimo weekend
la juventus vincerà il suo ennesimo scudetto, e questo, dal mio punto di vista,
rappresenta la pietra tombale definitiva sul concetto stesso di lieto fine. La mia
povera città verrà infestata dalla più dannata e disgustosa comunità mai
apparsa sulla faccia della terra, quel genere di razza appestata che ti fa
desiderare di non essere mai nato.
Gli ebrei.
Eh? Cosa diavolo sto scrivendo???
Hitler, sei tu? Esci subito dal mio blog!
Naturalmente, mi riferivo agli
juventini.
Il fatto Torino stia per
diventare, di nuovo e chissà per quante altre volte in futuro, teatro di
festeggiamenti e celebrazioni nei confronti di un’entità tanto intrinsecamente
vile e maligna come è la Juventus mi mette i brividi, e affonda ogni mia
speranza di vedere mai un lieto fine come si deve. Dalla mia prospettiva, la
Juve è un pò la versione calcistica dell’Impero galattico di Guerre Stellari: sleale,
potente e cattivo, senza grossi avversari ad opporsi alla sua avanzata se non
un umile gruppo di disorganizzati Jedi in via di estinzione.
Consapevole di questo scenario,
lo scorso weekend sentivo il bisogno di distrarmi e di cercare da qualche parte un lieto fine
che potesse soddisfarmi e farmi dimenticare che là fuori, ancora una volta, il
male stava vincendo.
Di solito, quando ho bisogno di
un lieto fine, leggo un fumetto di supereroi o guardo un film d’azione. Beh, la
settimana scorsa ho avuto il culo di avere ha disposizione un film d’azione
che, guardacaso, si è rivelato essere il miglior adattamento di sempre di un
fumetto di supereroi: The Avengers.
![]() |
Lettori, vi presento il miglior adattamento. Miglior adattamento, i lettori. |
Ecco, non esagero se dico che il
lieto fine dentro – e dietro – questo film compensa per tutte le vittorie
bianconere possibili e immaginabili.
Di fatto, il lieto fine anteriore, non interno al film è quello
a cui attribuisco più valore, e decisamente ciò che più mi scalda il cuore: lo
scrittore e regista di questo film, tal Joss Whedon, fino all’altra settimana
era un poveraccio a cui hanno bocciato, cancellato e segato praticamente
qualunque cosa abbia mai tentato di fare nel suo campo (cinema e televisione). È
una persona profondamente innamorata di quello che fa, nonchè forse uno dei
miei punti di riferimento e ispirazioni per quanto riguarda la mia personale
visione dell’arte, al pari di gente come John Carpenter (sì, lo so, ne ho già
parlato), George Orwell e Fabrizio De Andrè.
La trasmissione del verbo di
ognuno di questi signori è il mio lieto fine quotidiano, e lo scorso fine-settimana
il successo personale di Joss Whedon mi ha ispirato a dimenticare i lieti fine
mancati nelle cose più serie nella mia vita: carriera, relazioni, gente che
muore, juve che vince... in rigoroso ordine crescente di importanza.
Forse quello che voglio dire, in
ultima analisi, è che non c’è un motivo reale per cui io debba stare qui a
scrivere. Non vi conosco, voi non mi conoscete e più o meno qualunque cosa esca
da questa tastiera suonerà stupida alle orecchie degli altri. Nemmeno voi vi
conoscete a vicenda, l’unica cosa che avete in comune è la vostra faccia indirizzata verso lo stesso oggetto: lo schermo di un computer.
Quello, e il fatto che dovete
morire.
Ed è così, signore e signori, che
si scrive un lieto fine.
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